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30 giugno 2020, versamento imposte da Dichiarativi – Crisi Covid-19, come rinviare il pagamento in mancanza di liquidità e non essere sanzionato.

19.06.2020 10:05

L’emergenza sanitaria da Coronavirus è, fortunatamente, quasi agli sgoccioli, ma purtroppo siamo all’inizio di una gravissima crisi economica senza precedenti per attività economiche, imprese, liberi professionisti e lavoratori autonomi.

Siamo in periodo pieno di dichiarativi ed a tutt’oggi, malgrado i ben noti ed evidenti problemi di liquidità, in capo ad aziende, lavoratori dipendenti e cittadini, per blocco delle attività produttive, sussidi non ricevuti e cassa integrazione non pagata, il governo non ha ancora ritenuto opportuno produrre un rinvio generalizzato dei versamenti di tributi e contributi, in scadenza nell’attuale mese di giugno 2020 ed in particolare il 30. Probabilmente dietro pressioni dell’opinione pubblica, forse lo stesso 30 giugno si addiverrà ad una proroga, ma al momento in cui scriviamo, le scadenze sono confermate.

Il 16 giugno è scaduto il termine per il versamento del primo acconto Imu 2020 (diversi sono stati i comuni che hanno provveduto alla proroga), mentre entro il 30 giugno deve essere versato il saldo 2019 e il primo acconto 2020 dell’Irpef, dell’Ires e dei contributi previdenziali Inps.

Ma se io contribuente non ho materialmente la liquidità per far fronte a tali scadenze, cosa posso fare? Ho la possibilità di rinviare il pagamento senza incorrere in conseguenze negative?

Molti contribuenti, infatti, in regola con gli obblighi tributari e contributivi fino al blocco forzato delle attività per Coronavirus, si troveranno in difficoltà a causa della mancanza totale di fatturato per tre mesi, oltre che alla riduzione decisa del fatturato anche a seguito della riapertura. Inoltre, dovranno far fronte agli acconti di imposte e contributi calcolati per l’anno 2020 sulla base del reddito dell’anno precedente, in cui la situazione era completamente diversa. Vero è che si è introdotta la possibilità di utilizzare il metodo previsionale, ma ciò comporta comunque il versamento di acconti per una somma pari all’80% di quanto ipotizzato in relazione all’anno precedente. Ciò a fronte di attività e settori economici che prevedono un fatturato pari al 20, 30, 40% rispetto a quello conseguito nell’anno precedente.

Per le obbligazioni privatistiche, l’art. 91 del D.L. n. 18/2020, ha stabilito che il rispetto delle misure di contenimento è sempre valutato ai fini dell’esclusione, per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore. Ma per le obbligazioni tributarie e contributivo, questa regola non si applica.

Viene, invece, in gioco l’art. 6, comma 5 del d.lgs. 472/97, che vieta di sanzionare chi ha commesso il fatto (omesso versamento dell’imposta nei termini) a causa di forza maggiore, fermo restando l’obbligo di pagare l’imposta. L’attuale stato di emergenza può essere considerato una “causa di forza maggiore”, che porterebbe alla non applicazione delle sanzioni in caso di mancato versamento dei tributi dovuti?

La forza maggiore riguarda un fatto imponderabileimprevisto e imprevedibile, che determina l’assoluta (non la semplice difficoltà) e incolpevole impossibilità del soggetto di uniformarsi alla regola (vis maior cui resisti non potest).

Recentemente, la stessa Agenzia delle Entrate si è pronunciata sulla forza maggiore nella circolare 8/E/2020 (risposta 1.7), riportando una serie di posizioni giurisprudenziali della Cassazione e della Corte di Giustizia dell’UE. In base a tali precedenti, si è affermata la presenza, nella nozione di forza maggiore, sia di un elemento oggettivo – relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore (come può esserlo l’attuale emergenza) – sia di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi.

Quindi, l’Agenzia delle Entrate riconosce l’esistenza, per l’attuale emergenza, dell’elemento oggettivo, mentre rimanda alla valutazione del caso concreto in relazione all’elemento soggettivo. È chiaro che non tutti hanno la stessa difficoltà economica, così come non tutti hanno adottato le adeguate cautele generali per evitare una crisi di liquidità. Ciò che rileva, però, è che l’Agenzia contempla l’applicazione dell’esimente sanzionatoria per cause di forza maggiore.

Se il contribuente è assolutamente impossibilitato a far fronte ai versamenti previsti dallo scadenziario tributario in vigore, e ritiene che ciò sia dovuto non ad una propria mancanza di diligenza, bensì da una situazione per sé straordinaria, imprevedibile e incolpevole, egli potrà – pur effettuando tutti gli adempimenti dichiarativi – evitare il versamento.

Quando la situazione di mancanza di liquidità sarà rientrata, il contribuente potrà effettuare il ravvedimento operoso senza tuttavia corrispondere le sanzioni, e impugnare l’eventuale irrogazione di sanzioni, oppure attendere il cd. “avviso bonario” (comunicazione di irregolarità), con sanzioni previste al 10%, e impugnare lo stesso ai fini dell’annullamento delle sanzioni, per via dell’assenza di colpa e della sussistenza di una causa di forza maggiore che ha impedito il versamento nei termini.

Tutto ciò, tuttavia, si deve inserire in una strategia precisa e dettagliata, attuata fin da subito, precostituendosi le prove che andranno poi prodotte: infatti sarà il contribuente a dover dimostrare l’assoluta assenza di liquidità (e impossibilità a procurarsela senza eccessivi sforzi), con una adeguata e periodica illustrazione del proprio flusso di cassa.

 

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