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“DAI UN PESCE A UN UOMO E LO NUTRIRAI PER UN GIORNO. INSEGNAGLI A PESCARE E LO NUTRIRAI PER TUTTA LA VITA” - Perché abolire il reddito di cittadinanza

17.01.2021 12:06

DAI UN PESCE A UN UOMO E LO NUTRIRAI PER UN GIORNO. INSEGNAGLI A PESCARE E LO NUTRIRAI PER TUTTA LA VITA”.  

Perchè abolire il reddito di cittadinanza

Il Movimento 5 Stelle all’atto dell’introduzione del reddito di cittadinanza ha, secondo il nostro modesto parere, compiuto un duplice e grave errore:
uno di comunicazione, descrivendo il Rdc come lo «strumento con il quale si sarebbe trovato un lavoro ai poveri», mentre alla fine è principalmente solo un 'sostegno vitale' a chi è nel bisogno; 
l’altro un peccato di presunzione, ancor più grave e cioè pensare che bastasse spendere 200 milioni in un biennio, assumere 3.000 navigator e rendere disponibile un App per fare ciò che né la Legge Biagi, né il Jobs Act, passando per la Garanzia Giovani ed una riforma dei servizi bloccata dal referendum istituzionale, sono riusciti a determinare negli ultimi due decenni. Cioè: potenziare, modernizzare e rendere efficaci le politiche attive del lavoro, in stretta sinergia tra pubblico e privato.
Tale misura, cavallo di battaglia, del movimento possiamo in sostanza definirla una sorta di mossa di demagogia politica, per accaparrarsi voti, in buona sostanza una di “mancia” elettorale, nella convinzione che i beneficiari del sussidio avrebbero “ricambiato” con il loro voto politico.

Ma la nostra analisi odierna, si concentra sul periodo storico che stiamo vivendo, la crisi economica generata dalla pandemia, che sta mettendo in crisi non solo le persone, non solo i valori, ma anche l’intero sistema. È innegabile, infatti, che siamo in una situazione in cui le risorse economiche devono essere gestite in maniera oculata, in maniera tale da garantire quantomeno la sopravvivenza dell’apparato produttivo sino al momento in cui la crisi sarà conclusa. Cosa invece che non si sta verificando se pensiamo a quanti miliardi di euro sono stati bruciati nella distribuzione di mance e mancette, in logica appunto da reddito di cittadinanza, soluzione che non ha contribuito alla risoluzione dei problemi dell’intero sistema imprenditoriale in crisi, ma ne ha tamponato per qualche giorno le esigenze vitali.

In questo contesto, del tutto rinnovato rispetto al paradigma economico preesistente, a nostro avviso non ha più senso, insistere con il reddito di cittadinanza, ma è necessaria e fondamentale una corretta distribuzione delle risorse per evitare che alla fine di questa pandemia l’economia del paese crolli definitivamente.

Troppo spesso infatti sindaci disinvolti, governatori sulla breccia, ministri del lavoro ostaggi di comitati tecnico scientifici arraffazzonati, blaterano di zone rosse, lockdown chiusure, aperture, generando esclusivamente un clima di terrore nei cittadini, un clima di confusione nei confronti degli imprenditori, sempre più vessati da minacce di multe, sanzioni, tasse comunali, tasse statali, costretti dai comitati tecnico scientifici a spendere migliaia di euro per sanificazioni, misure di distanziamento e poi costretti dalla politica inerme a chiusure e riaperture che minano anche l’integrità psicologica degli stessi imprenditori. Ed è appunto in questa visione miope della gestione dell’economia di un paese, gestione miope che non capisce che investire nella crescita di un’azienda, piuttosto che in un sostegno ad un disoccupato, è il volano per la crescita dell’economia e la diminuzione della disoccupazione.


Passiamo adesso all’analisi dei punti che la nostra critica ha individuato:

1) Non funziona contro il lavoro nero e “incentiva” la disoccupazione

Il primo aspetto che ci è saltato all’occhio è stato proprio questo, da strumento che doveva combattere la disoccupazione, ne è diventato il suo aspetto opposto, cioè? Semplice, la incentiva. Lo abbiamo dimostrato in vari post, nei mesi e nei giorni scorsi, con esempi lampanti di gente che rifiutava lavori pagati regolarmente, con assunzioni in piena regola, perché a conti fatti con reddito di cittadinanza guadagnavano tanto quanto stando a casa e magari anche qualche cosina in più arrotondando con qualche lavoricchio al nero.

Ora ovviamente come capirete si crea un doppio danno, perché da un lato la sovvenzione finisce in una direzione sbagliata, dall’altro il lavoro nero sottrae ulteriori risorse alle casse dello Stato.

Inoltre ci sono anche i percettori del reddito di cittadinanza che percependo l’assegno mensile hanno avverato il sogno di una vita, come se fossero i “lavoratori statali” di una volta, quindi a fronte di un’entrata assicurata non si degnano di cercare un lavoro,  lo disdegnano e lo rifiutano perché tutte le proposte sono ritenute poco “convenienti”.

2) Non ha prodotto alcun risultato sul mondo del lavoro

È innegabile che il reddito di cittadinanza, così come immaginato non ha prodotto i risultati sperati, sotto il profilo determinante del reinserimento dei percettori nel mondo del lavoro.
IL RdC fu presentato pomposamente come lo strumento innovativo per rivoluzionare il mondo del lavoro e guai a criticarlo od a definirlo (come giustamente noi conoscitori del mondo del lavoro facevamo) provvedimento “assistenzialistico”, il reddito di cittadinanza era stato presentato come una rivoluzione nel futuro mondo del lavoro.

Ora noi tecnici del lavoro, per deformazione professionale siamo talmente antipatici che non analizziamo i proclami, ma siamo anche talmente aridi da analizzare i singoli dati, e cosa ci dicono i freddi numeri a distanza di quasi due anni dalla sua introduzione? Beh, confermano la nostra diffidenza, dimostrano che dei circa 3 milioni di percettori, oltre il 90% di essi non ha neppure sfiorato un lavoro, rifiutando le proposte (o non ricevendole affatto).

Il fallimento dei navigator poi e la scarsa incidenza dell’Anpal, guidata da un signore che passa il proprio tempo più a casa sua in America che negli uffici dai quali percepisce lauti compensi, ne è una dimostrazione evidente.

3) I suoi costi sono enormi e sono divenuti insostenibili per un paese affetto da una crisi economica che ha ridotto il pil del 9%

Questo aspetto, ovviamente correlato con la scarsità dei risultati raggiunti, è l’onerosità della misura. Il reddito di cittadinanza ha un costo enorme per le casse dello Stato, una spesa di impatto primario. Finora le stime attestano a circa 9 miliardi le risorse spese, preventivando che nel prossimo triennio le uscite per finanziare la misura superino i 20 miliardi di euro. Inutile sottolineare come le risorse risparmiate con la sua abolizione risulterebbero determinanti nel piano di ripartenza del Paese.

4) E’ diventato uno strumento anacronistico ed il sostegno adesso serve altrove

L’emergenza da coronavirus, ha creato nuove categorie di “bisognosi”, e ciò non ha fatto che rimodulare quello che era l’ordine delle priorità per la destinazione di aiuti alle persone. Come sottolineato prima sono le aziende che hanno bisogno di una cospicua reintegrazione di risorse, a causa delle chiusure e delle compressioni subite dalle varie attività. Come sià detto precedentemente, se vogliamo salvare il sistema dobbiamo prima pensare a misure di sostegno per le aziende che  servono a preservare la sopravvivenza dell’intero tessuto economico e sociale del paese,  che ruota intorno all’azienda, prima ancora che del suo titolare. Il concetto chiaro, semplice e lampante è che l’impresa che rischia di chiudere a causa della crisi pandemica, coinvolgerà a cascata i dipendenti che non avranno più un lavoro, i fornitori che non saranno più pagati, i locatori che non incasseranno gli affitti, insomma tutto ciò produce effetti diretti ed indiretti coinvolgendo intere filiere, con effetti devastanti. Quindi, anche volendo considerare i percettori del reddito di cittadinanza (quelli legittimi, non gli usurpatori) come categorie di “bisognosi”, a costoro se ne sono aggiunte altre, il cui default risulterebbe gravissimo non solo per la singola persona bisognosa (sfera da tutelare assolutamente), bensì per tutte le persone che dipendono, direttamente o indirettamente, dal sistema azienda.


Recita un famoso proverbio cinese “dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”.

È questa la filosofia che un governante illuminato dovrebbe seguire pensando al benessere economico del proprio paese e non la distribuzione di mancette (che ora chiamano ristori) che non hanno nemmeno un ritorno elettorale.

 

Staff di Redazione Palmeristudi

    (Riproduzione ©riservata)

 

 

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