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Debiti contributivi, crediti d’imposta: COMPENSAZIONI

21.03.2023 11:25

A causa di alcune recenti sentenze ed interpretazioni, circa l’uso dei crediti d’imposta per saldare debiti contributivi, ci siamo resi conto che si sta creando un caos che richiede chiarimenti sul pagamento dei debiti mediante compensazione orizzontale.

Ultimamente in ogni settore lo Stato, sempre più carente di liquidità, ha preso l’usanza di concedere crediti d’imposta agli imprenditori, che si riferiscano ad agevolazioni contributive, a rimborsi di imposte, ad agevolazioni.

Parrebbe però, a nostro avviso, che anche questo sistema (come la liquidità) è arrivato ad un punto di non ritorno, nel senso che non circola più il valsente, gli archivi dei vari enti sono pieni di crediti incagliati e cominciano le difficoltà nell’erogazione di servizi ed ecco che adesso sempre più enti impugnano le compensazioni che gli imprenditori sono costretti a mettere in atto per recuperare i loro crediti.

Però secondo alcune recenti sentenze dei tribunali del lavoro, sta emergendo il fatto che non sarebbe possibile utilizzare i crediti d’imposta per pagare, mediante compensazione c.d. orizzontale, i debiti contributivi.

Ciò ovviamente, come anche rilevato da Assonime nella Pubblicazione de “il Caso” n. 3/2023 dal titolo “Le sentenze che negano la compensazione fra debiti contributivi e crediti erariali”, ci fa ritenere (unitamente all’interpretazione data appunto da Assonime) che queste pronunce destano talune perplessità in quanto non solo si fondano su una opinabile interpretazione letterale dell’art. 17 del d.lgs. n. 241/1997, ma si pongono non in linea con le ormai risalenti e consolidate indicazioni di prassi che depongono in favore di questo tipo di compensazione e sulle quali i contribuenti hanno riposto legittimo affidamento.

Infatti, secondo alcune recenti sentenze dei tribunali del lavoro non sarebbe possibile utilizzare i crediti d’imposta per pagare, mediante compensazione c.d. orizzontale, i debiti contributivi, ciò secondo una interpretazione, travisata secondo noi, dell’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 241/1997 laddove recita …“I contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Definita “compensazione orizzontale” ha dato la possibilità ai contribuenti di poter estinguere anche i propri debiti contributivi mediante la compensazione, tra l’altro, con i crediti d’imposta. Alcuni uffici dell’INPS, addirittura, ritengono che le obbligazioni previdenziali non possano essere estinte mediante compensazione con i crediti d’imposta e, per l’effetto, procedono, indebitamente, questo è da sottolineare secondo la nostra interpretazione, al recupero dei contributi previdenziali versati mediante questo tipo compensazione oppure negano il rilascio del DURC (attestante, per l’appunto, la regolarità contributiva).

Purtroppo, anche alcuni giudici del lavoro ultimamente sembra che prendano per buona questa interpretazione, affermando con le loro sentenze che: “a prescindere dalla prova della sussistenza o meno del credito, la compensazione tra crediti di natura fiscale e debiti contributivi è preclusa nel nostro sistema”.

Siamo però di fronte ad una interpretazione rigidissima dell’art. 17, secondo questi giudizi il fondamento starebbe nel fatto che il debito contributivo può sì essere compensato, ma solo con crediti della medesima natura e, cioè, con crediti aventi anch’essi natura contributiva, una limitazione (all’utilizzo in compensazione di crediti erariali) che troverebbe fondamento nelle interpretazione secondo la quale il versamento unitario consente di estinguere i debiti nei confronti di diversi enti mediante compensazione dei “crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti”.

Tutto ciò vuol dire, secondo i sostenitori di questa tesi, che l’art. 17 consentirebbe di fruire di questa modalità satisfattiva dell’obbligazione contributiva solo se ad essere compensati siano i crediti vantati nei confronti del medesimo ente previdenziale.

Secondo quanto riportato da Assonime nella recente circolare, secondo anche il nostro modesto parere interpretativo e secondo anche molta giurisprudenza, tale interpretazione desta notevole perplessità, intanto, perché non trova adeguato supporto nel testo letterale della norma, che, anzi, depone in senso contrario e, cioè, in favore della compensazione dei crediti erariali con i debiti contributivi.

La volontà del legislatore, nell’estensione della norma era semplicemente quella di riconoscere ai contribuenti la facoltà di pagare le somme dovute a diversi soggetti con un versamento unitario, e, cioè, con unico modello di versamento. e di estinguere di conseguenza i già menzionati debiti (anche) attraverso l’utilizzo in compensazione di tutti i crediti che i contribuenti vantano nei confronti non dei rispettivi soggetti, bensì dei “medesimi soggetti” indicati dall’art. 17, in considerazione soprattutto del fatto che ogni ente e lo stesso stato piuttosto che concedere ai cittadini ed imprenditori, rimborsi in moneta o saldi a riconoscimento di agevolazioni, concessioni etc., utilizza sempre più spesso la modalità del credito d’imposta.

Giusto per dare forza alla nostra interpretazione, facciamo notare che il legislatore, quando ha voluto limitare l’operatività della compensazione nel senso prospettato dai predetti uffici dell’INPS, nel senso cioè che un credito può essere utilizzato in compensazione solo per estinguere debiti della stessa natura, lo ha fatto espressamente, come per esempio nel caso della recente “rottamazione quater” laddove ne ha chiaramente previsto il divieto, oppure è stata esclusa la facoltà di avvalersi dell’istituto della compensazione in determinati casi che si riscontrano in materia di appalti e ciò è stato fatto chiarendo, per l’appunto, che si tratta di una deroga alla regola generale prevista dall’art. 17.

Inoltre, sempre a conferma di quanto sostenuto da Assonime ed in conseguenza anche da noi, secondo il dettato dell’art. 22 del d.lgs. n. 241/1997, viene stabilito che: … “Entro il primo giorno lavorativo successivo a quello di versamento delle somme da parte delle banche e di ricevimento dei relativi dati riepilogativi, un'apposita struttura di gestione attribuisce agli enti destinatari le somme a ciascuno di essi spettanti, tenendo conto dell'eventuale compensazione eseguita dai contribuenti. Gli enti destinatari delle somme dispongono con cadenza trimestrale le regolazioni contabili sulle contabilità di pertinenza a copertura delle somme compensate dai contribuenti.”

Ma anche l’INPS con la circolare n. 79 del 1998 ha fornito le istruzioni operative concernenti la compilazione dei modelli di versamento secondo cui “il contribuente utilizza tutto il credito verso il fisco per coprire il versamento alle regioni, dei contributi propri come artigiano e parte del debito per DM10 che diventa parzialmente insoluto”. Ciò dimostra che si è fin da subito espresso in favore della possibilità di estinguere i debiti contributi mediante compensazione con i crediti fiscali. Ma ciò viene confermato anche dalle istruzioni fornite dall’Agenzia delle entrate, che, per l’appunto, ha fin da subito fornito talune indicazioni proprio in merito al caso di utilizzo del credito IVA in compensazione di contributi INPS (cfr. circolare del Ministero delle finanze n. 101/E del 19 maggio 2000), nel presupposto, evidentemente, che tale compensazione fosse pienamente legittima.

Ovviamente una situazione diversa è quella in cui le pronunce dei Tribunali ordinari statuiscono che il versamento effettuato in questo (legittimo) modo è inefficace qualora ad essere utilizzato in compensazione sia un credito rivelatosi inesistente.

Ciò oltre evidentemente a sollevare degli elementi di natura penale, ovviamente fa sì che il versamento sia inefficace, e quindi è soltanto l’ente cui si riferisce il versamento, a dover recuperare le somme a lui spettanti.

Però dobbiamo rilevare che secondo alcune interpretazioni, con le quali concordiamo, la delega di pagamento, in quanto eseguita, produce sempre i suoi effetti “compensativi” e che, dunque, fermo rimanendo gli ordinari poteri di controllo dei crediti d’imposta utilizzati in compensazione, l’esecuzione della delega di pagamento non può più essere messa in discussione dopo che la specifica procedura di controllo è terminata. Infatti, anche secondo una circolare dell’Agenzia delle entrate, in caso di indebito utilizzo di un credito d’imposta i contribuenti, per sanare questa violazione, non devono procedere ad un nuovo versamento delle somme indicate a debito nel modello di versamento, bensì devono ripristinare la capienza del credito indebitamente utilizzato in compensazione mediante un corrispondente versamento.

Ovviamente a questo punto riteniamo necessario un intervento chiarificatore del legislatore per mettere fine alla querelle innescata soprattutto dall’INPS e che sta creando notevoli disagi e problematiche alle aziende, soprattutto in caso di richiesta del DURC, che in alcuni casi viene anche negato, arrivando a bloccare le attività delle aziende che eseguono appalti.

Staff di Redazione Palmeristudi                    

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