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Divieto di accesso alle seconde case blindate dalle Ordinanze dei presidenti di Regione: "Rischio boomerang Imu e Tari"

21.03.2021 11:27

I proprietari di seconde case potrebbero non pagare IMU e TARI. "Imposizione ingiusta se l'accesso è interdetto"

Non ci occuperemo oggi del “decreto Sostegni” sicuramente sarà modificato in qualche sua parte in sede di conversione in Parlamento, quindi aspettiamo prima di poterlo commentare, oggi invece ci occupiamo di un argomento che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi (quelli vicino alle scadenze) avrà senz’altro rilevanza notevole.

Stiamo assistendo, negli ultimi giorni, in concomitanza delle festività pasquali, a tutta una serie di ordinanze di Presidenti di Regione, che nell’ottica di limitare il contagio, vietano l’accesso nei propri territori a “non residenti” ed ai proprietari di seconde case.

Ecco secondo il nostro avviso, tutte queste ordinanze, che blindano Regioni e Comuni, rischiano di diventare un piccolo boomerang per le casse di quelle Regioni e Comuni.

Infatti, i proprietari delle “seconde case”, avendone impedito l’accesso e quindi la fruibilità, potrebbero chiedere la restituzione dell’IMU e della TARI per i periodi in cui gli si è impedito l’accesso agli immobili attraverso ordinanze o decreti.

Un calo del gettito che rischia di abbattersi sulle regioni Campania, Toscana, Sardegna, Val d’Aosta e su tutti i territori che hanno scelto di tenere lontani i turisti, a meno che non intervenga, come già accaduto in ambito sanitario (gestione vaccini n.d.r.), il governo guidato da Draghi, decidendo di accentrare anche questo ambito in modo tale da sgombrare il campo da provvedimenti improvvisati e disorganici, al fine di evitare una valanga di ricorsi di fronte alle Commissioni tributarie.

Nella fretta di emanare i provvedimenti “restrittivi” sindaci e governatori, per tutelare le proprie entrate, avrebbero dovuto prestare più attenzione alla normativa fiscale vigente: “Il rischio che queste scelte incidano sul bilancio degli Enti locali è concreto.

Se analizziamo le loro ordinanze di divieto, tenendo conto anche della legge nr.160 del 27/12/2019, (c.d. Legge di Bilancio per il 2020, che è intervenuta tra le altre cose a modificare la preesistente disciplina in materia di IMU) e soprattutto dell’articolo 1, comma 747, lettera b, ci appare subito evidente che è possibile ottenere la riduzione del 50% della base imponibile nel caso di fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono dette condizioni.

Questa condizione può essere riconosciuta dal Comune o auto dichiarata dal proprietario”, in buona sostanza “il legislatore intende venire incontro alle esigenze di chi non ha potuto godere del bene per eventi calamitosi

Ora a questo punto:

  1. non v’è dubbio alcuno che la pandemia causata dal Covid sia un evento calamitoso che ha addirittura richiesto la dichiarazione dello stato di emergenza che perdura da più di un anno e che viene costantemente prorogato;
  2. non v’è dubbio alcuno che il paragone tra l’inabitabilità degli immobili per calamità naturali e l’inagibilità degli immobili per ordine dell’Autorità per “ragioni di emergenza sanitaria”, calzi a pennello.

Alla luce di questi due fatti se gli Enti Locali non dovessero, per qualche motivo, riconoscere i rimborsi previsti dal comma 747 lettera b) potrebbero aprirsi tutta una serie di contenziosi di natura non solo tributaria ma anche costituzionale.

Infatti, secondo noi sono rilevanti anche i profili di incostituzionalità, indirettamente confermati dallo stesso legislatore laddove, limitatamente agli alberghi, aveva stabilito l'esenzione del pagamento della prima rata dell'IMU. Ora sfido il lettore a trovare particolari differenze tra i due soggetti, l’albergatore ed il proprietario di una villa o seconda casa, è lampante ed evidente che entrambi sono soggetti colpiti nello stesso modo dal virus”.

 

Ovviamente il ragionamento fatto in precedenza, possiamo tranquillamente estenderlo alla TARI, se infatti non ho potuto avere accesso al mio immobile, di conseguenza non ho prodotto alcun tipo di rifiuto e partendo dall’assunto “solo chi inquina dovrebbe pagare”, ma “soprattutto dalla recente giurisprudenza sia italiana che della Corte di Giustizia Europea, che richiede di agganciare, per quanto possibile, la tassa alla reale fruizione del servizio di smaltimento. Quindi non un’idea campata in aria, ma confermata, in tempi anche recenti dall’evoluzione della giurisprudenza, che in fondo non è altro che un’applicazione della logica, se non produco rifiuti, per quale motivo devo pagare la “tassa dei smaltimento di rifiuti”?

Staff di Redazione Palmeristudi

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