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Non impugnabile l’estratto di ruolo. L’Agenzia delle Entrate, si scrive la nuova Legge

05.12.2021 12:34

Cari Amici e Lettori che oramai da tempo ci seguite, per un’altra volta lo “Statuto del Contribuente” viene mortificato, umiliato e svilito, un altro calcio nel sedere viene dato al “Cittadino Contribuente” solo per salvare l’endemica inefficienza della pubblica amministrazione (volutamente scritto in piccolo) ed in particolar modo dell’agenzia delle entrate e dell’agenzia entrate riscossione.

Infatti, nella seduta dello scorso giovedì 02 dicembre, il Senato ha approvato l’emendamento che rende inammissibile il ricorso avverso l’estratto di ruolo.

Personalmente raccolgo l’invito e l’appello dell’avv. Maurizio Villani, di tutti i colleghi Professionisti della Materia Tributaria in Italia e, facendolo mio, invito tutti i contribuenti ed i professionisti affinché si attivino per fare pressione e convincere i Deputati a non approvare il suddetto emendamento, che lede fortemente il diritto di difesa del contribuente e, soprattutto, lede i principi costituzionali degli articoli 3, 24 e 113 della Costituzione.

Come dicevamo sopra Il Governo ed il Parlamento, invece di tutelare il diritto di difesa dei contribuenti, lo limitano, ignorando lo Statuto del Contribuente, facendone “pezza da piedi” e favorendo in tal modo le richieste fiscali, annullando il diritto di difesa del contribuente e favorendo così la bilancia spropositatamente in favore delle agenzie fiscali (solo ed esclusivamente per compensare la loro arretratezza ed inefficienza endemica) come sta accadendo in questi giorni.

MODIFICA LEGISLATIVA

Con un emendamento di martedì 30/11 c.a., le Commissioni Finanze e Lavoro del Senato hanno approvato l’emendamento 6.0.16 del Sen. Pittella (PD) che, con una modifica all’art. 12 del DPR n. 602/73, introduce la non impugnabilità da parte del contribuente dell’estratto di ruolo e della cartella che si assume invalidamente notificata, con l’eccezione di sporadici e specifici casi.

Infatti, viene disposto che l’estratto di ruolo non è impugnabile.

Il ruolo e la cartella di pagamento, che si assume invalidamente notificata, sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dalla iscrizione a ruolo possa derivargli:

  • un pregiudizio per la partecipazione ad una procedura di appalto;
  • impedire la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici;
  • per la perdita di un beneficio nei rapporti con una Pubblica Amministrazione.

Di seguito riportiamo il testo della proposta di modifica:

Articolo 3-bis (Non impugnabilità dell’estratto di ruolo e limiti alla impugnabilità del ruolo)

L’articolo 3-bis, di cui le Commissioni propongono l’inserimento con l’emendamento approvato 3.0.1000, è volto a stabilire l’inammissibilità dell’impugnazione degli estratti di ruolo nonché a circoscrivere i casi di diretta impugnazione del ruolo e della cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata. La disposizione in esame modifica l’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di formazione e contenuto dei ruoli, introducendo un nuovo comma 5 che dispone, al primo periodo, che l’estratto di ruolo (ovvero il documento informatico contenente gli elementi del ruolo reso esecutivo dall’ente creditore, trasfusi nella cartella di pagamento), che non costituisce un atto di riscossione e che non contiene alcuna pretesa esattiva, né impositiva, non è impugnabile. La norma appare volta a contrastare la proliferazione avvenuta negli ultimi anni di controversie di impugnazione degli estratti di ruolo, in particolare, dopo l’emanazione della sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 19704/2015, con la quale è stata ritenuta “ammissibile l'impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l'estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario”. Conseguentemente la consegna dell’estratto di ruolo a seguito dell’istanza del contribuente gli consente di impugnare l’atto non notificato (cartella e/o ruolo) che contiene la pretesa impositiva. In altre parole, l’impugnazione dell’estratto del ruolo non è stata ritenuta ammissibile in sé, ma è stata ammessa l’opposizione al ruolo oppure alla cartella, della cui esistenza si è avuta legittima conoscenza a seguito del rilascio dell’estratto stesso ad istanza del contribuente, proprio per far valere l’invalidità della notifica (o omessa notifica). 4 Tale interpretazione è stata confermata anche dalla recente ordinanza della Corte di cassazione n. 27860 del 12 ottobre 2021, nella quale si sottolinea che, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale della Corte, benché l'estratto di ruolo non sia atto autonomamente impugnabile, in quanto documento interno all'amministrazione, il contribuente debitore può far valere immediatamente le sue ragioni avverso la cartella di pagamento, della cui esistenza sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato dal concessionario per la riscossione, a prescindere dalla notificazione della cartella congiuntamente all'estratto di ruolo, se il contribuente alleghi di non aver mai avuto conoscenza, in precedenza, di questa per un vizio di notifica.”

Ora cari lettori, capirete bene che tale ipotesi costituisce un vero e proprio fulmine a ciel sereno, in primis per il contribuente e dopo per i professionisti del contenzioso tributario.

Stando agli ultimi dati, infatti, oltre il 40% delle liti sugli atti della riscossione riguarda proprio l’estratto di ruolo, ossia l’elenco dei debiti contestati al contribuente e su cui le capacità difensive dell’agente pubblico della riscossione sono sempre state limitate.

Secondo il nostro pensiero e secondo anche la dottrina tributaria corrente, ma soprattutto secondo anche il parere della Corte costituzionale questa modifica legislativa è incostituzionale, perché lede soprattutto il diritto di difesa del contribuente (art. 24 della Costituzione), come più volte ribadito e precisato dalla Corte costituzionale e dalla Corte di Cassazione e come di seguito riportiamo con alcune sentenze che sono “pietre miliari” nel dirimere la questione.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 114 del 31 maggio 2018, una delle sentenze che a nostro avviso risulta “fondamentale” nel dichiarare la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 57 D.P.R. n. 602/1973, aveva correttamente precisato quanto segue.

La pur marcata peculiarità dei crediti tributari, che può sì giovarsi di una disciplina di favore per l’amministrazione fiscale, come ritenuto da questa Corte (da ultimo, sentenza n. 90 del 2018), e che è a fondamento della speciale procedura di riscossione coattiva tributaria rispetto a quella ordinaria di espropriazione forzata, non è però tale da giustificare che, nelle ipotesi in cui il contribuente contesti il diritto di procedere a riscossione coattiva e sussista la giurisdizione del giudice ordinario, non vi sia una risposta di giustizia se non dopo la chiusura della procedura di riscossione ed in termini meramente risarcitori.

Può richiamarsi in proposito la giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto illegittimo il differimento della tutela giurisdizionale solo dopo l’adempimento dell’obbligazione tributaria secondo il criterio del solve et repete (sentenze n. 45 del 1962 e n. 21 e n. 79 del 1961).

La pienezza della garanzia giurisdizionale è altresì a fondamento della dichiarazione di illegittimità costituzionale di una disciplina di settore nella parte in cui, rinviando alle norme previste per la riscossione delle imposte dirette, impediva al debitore esecutato di proporre opposizione all’esecuzione dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria (sentenza n. 239 del 1997).

Più in generale vi è che la possibilità di attivare il sindacato del giudice su atti immediatamente lesivi appartiene al diritto, inviolabile e quindi fondamentale, di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (art. 24 Cost.), senza che contro gli atti della pubblica amministrazione la tutela giurisdizionale possa essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti (art. 113 Cost.).

In conclusione quindi si ha che ‒ laddove la censura della parte assoggettata a riscossione esattoriale non radichi una controversia devoluta alla giurisdizione del giudice tributario e quindi sussista la giurisdizione del giudice ordinario ‒ l’impossibilità di far valere innanzi al giudice dell’esecuzione l’illegittimità della riscossione mediante opposizione all’esecuzione, essendo ammessa soltanto l’opposizione con cui il contribuente contesti la mera regolarità formale del titolo esecutivo o degli atti della procedura e non anche quella con cui egli contesti il diritto di procedere alla riscossione, confligge frontalmente con il diritto alla tutela giurisdizionale riconosciuto in generale dall’art. 24 Cost. e nei confronti della pubblica amministrazione dall’art. 113 Cost., dovendo essere assicurata in ogni caso una risposta di giustizia a chi si oppone alla riscossione coattiva.

Quindi ‒ assorbite le altre questioni promosse dal giudice rimettente in riferimento agli artt. 3 e 111 Cost. – va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, lettera a), citato limitatamente alla parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui all’art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 cod. proc. civ.”

IL PENSIERO DELLA CORTE DI CASSAZIONE

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con l’importante sentenza n. 19704/2015, proprio sulla possibilità di impugnare direttamente l’estratto di ruolo, aveva stabilito il seguente principio di diritto.

Infatti, se nessun dubbio può residuare in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario sulle contestazioni alla pretesa contributiva, quanto alla pretesa creditoria in astratto spettante alla giurisdizione del giudice tributario deve applicarsi il più recente approdo di queste Sezioni Unite, di cui alla recente ordinanza 14/04/2020, n. 7822 (di armonizzazione della precedente giurisprudenza di legittimità, culminata nei principi di Cass. Sez. U. 13913/17, richiamata ed applicata dal giudice del merito, con la successiva Corte Cost. 114/18), al quale è opportuno assicurare la continuità.

Tale pronuncia così conclude (punto 5, pagine 33 e seguenti):

“Nel sistema del combinato disposto del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 2 e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articoli 49 e ss. ed in particolare dell’articolo 57 di quest’ultimo, come emendato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 114 del 2018, il discrimine fra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria in ordine all’attuazione della pretesa tributaria che si sia manifestata con un atto esecutivo va fissato nei termini seguenti:

a) alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione di ogni questione con cui si reagisce di fronte all’atto esecutivo adducendo fatti incidenti sulla pretesa tributaria che si assumano verificati e, dunque, rilevanti sul piano normativo, fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, qualora la notificazione sia mancata, sia avvenuta in modo inesistente o sia avvenuta in modo nullo, e ciò, tanto se si tratti di fatti inerenti ai profili di forma e di contenuto degli atti in cui è espressa la pretesa, quanto se si tratti di fatti inerenti all’esistenza ed al modo di essere di tale pretesa in senso sostanziale, cioè di fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa (con l’avvertenza, in questo secondo caso, che, se dedotta una situazione di nullità, mancanza, inesistenza di detta notifica, essa non si assuma rilevante ai fini della verificazione del fatto dedotto);

b) alla giurisdizione ordinaria spetta la cognizione delle questioni inerenti alla forma e dunque alla legittimità formale dell’atto esecutivo come tale, sia se esso fosse conseguito ad una valida notifica della cartella o dell’intimazione, non contestate come tali, sia se fosse conseguito in situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notificazione di tali atti (non deducendosi come vizio dell’atto esecutivo tale situazione), nonché dei fatti incidenti sulla pretesa sostanziale tributaria azionata in executivis successivi al momento della valida notifica della cartella o dell’intimazione, o successivi nell’ipotesi di nullità, mancanza o inesistenza della detta notifica all’atto esecutivo che avesse assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione (e dunque avesse legittimato ad impugnarli davanti alla giurisdizione tributaria)”.

I principi che abbiamo esporti sopra, sono stati inoltre ripresi da ulteriori sentenze della Corte di Cassazione (Cass. nn. 3990/20, 14192/21, 28137/21 e 34046/21).

Ma quello che troviamo assurdo della nuova proposta di legge, sta nel fatto, che in buona sostanza l’estensore è la stessa agenzia delle entrate, che assurge al livello di legislatore, solo ed esclusivamente per “mettere sotto il tappeto” le proprie magagne che spesso la vedono soccombente nei giudizi tributari.

Continua il direttore Ruffini:  “si  è  assistito  ad  un  aumento  esponenziale delle cause radicate innanzi alle Commissioni Tributarie, ai Giudici di Pace e, più in generale, alla Magistratura  ordinaria  per  far  valere,  spesso  pretestuosamente,  ogni  sorta  d’eccezione  avverso cartelle notificate anche molti anni prima, senza che l’Agente della riscossione si fosse  attivato in alcun modo per il recupero delle pretese ad esse sottese, e perfino nei casi in cui vi avesse rinunciato, anche nell’esercizio dell’autotutela.”

Infatti, nel solo anno 2020 – anno contraddistinto dalla pressoché totale inerzia dell’Agente della riscossione a causa della sospensione delle attività, derivante dalla situazione sanitaria emergenziale – il 40,6 % dei ricorsi in ingresso (ossia circa 55.000 ricorsi su circa 135.000 complessivamente introdotti), trae origine dall’impugnazione di estratti di ruolo.”

Quindi solo per sopperire all’inerzia, all’inefficienza dell’agenzia delle entrate e degli enti di riscossione, si ritiene quasi obbligatorio mortificare ulteriormente il cittadino contribuente, i suoi diritti derivanti da uno Statuto che sempre più spesso è ridotto a “carta igienica”.

In questo paese mediocre, invece di efficientare le pubbliche amministrazioni, di snellire la borbonica burocrazia, si preferisce continuare a vessare ed a mungere il contribuente, perché si sa, in fondo lui è sempre un evasore, brutto sporco e cattivo.

 

Staff di Redazione Palmeristudi

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