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Sovraindebitamento? Cos’è, Si può fare qualcosa?

14.02.2021 11:03

E’ indubbio che la crisi prodotta dal virus “Covid-19” ha provocato effetti pesanti nel settore dell’economia, di colpo aziende, imprenditori, professionisti, si sono trovati a fare i conti con chiusure, rallentamenti dell’attività, sospensioni della stessa e conseguentemente, riduzione degli incassi, del volume d’affari, ma non delle spese: utenze, affitti, merci acquistate e da pagare, etc. Le varie potenze di fuoco, i ristori, promessi dal governo oramai decaduto, spesso sono rimaste parole vane o solo palliativi che non hanno inciso per nulla.

E così, imprenditori, professionisti, nonostante gli sforzi, non riescono più a far fronte agli impegni economici: una situazione che questi lunghi mesi di pandemia, con chiusure e rallentamenti dell’attività, si è sempre più diffusa.

Che fare? Dopo i primi momenti di sconforto, consigliamo di rimanere calmi ed affrontare la situazione con raziocinio.

In simili casi di fragilità, infatti si può accedere ad uno specifico strumento per cercare una via d’uscita, si tratta della procedura di sovraindebitamento, disciplinata dalla legge 3/2012 ed integrata dalla legge 176/2020 , alla quale può accedere un’ampia gamma di soggetti, compresi i professionisti, titolari di partita iva.

Abbiamo sviluppato il nostro approfondimento per paragrafi e li abbiamo distinti in:

  •   IL CONSUMATORE
  • LA FALCIDIABILITÀ DEL DEBITO IVA
  • I SOCI ILLIMITATAMENTE RESPONSABILI
  • IL SOVRAINDEBITAMENTO “FAMILIARE”
  • LA CESSIONE DEL QUINTO
  • LA SORTE DEL MUTUO IPOTECARIO, LA SALVEZZA DELLA “PRIMA CASA”
  • IL DEBITO TRIBUTARIO
  • IL DEBITORE INCAPIENTE
     

Innanzitutto però cerchiamo ci capire cosa s'intende per sovraindebitamento. Sovraindebitamento è lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell'imprenditore minore, dell'imprenditore agricolo, delle start-up innovative e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza» (art. 2 lett. c) d.lgs. 14/2019) che si ritrovano in una situazione di continua differenza tra i debiti contratti e il patrimonio disponibile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di riuscire a pagare regolarmente le proprie scadenze.

In sostanza, una situazione per cui il debito contratto è maggiore del denaro a disposizione.

Il nuovo Codice della Crisi d’Impresa (decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14) pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 38 del 14 febbraio 2019 - Supplemento Ordinario n. 6, estende l’applicazione, a talune condizioni, ai membri della stessa famiglia ed ai soci illimitatamente responsabili di alcune compagini sociali.

Si tratta di uno strumento volto a favorire l’esdebitazione dei cosiddetti “insolventi civili”, vale a dire dei soggetti che non ricoprono la qualifica di imprenditore e, pertanto, non sono fallibili. Il piano di ristrutturazione agevola il consumatore, perché non è richiesta l’approvazione dei creditori ai fini dell’omologazione; inoltre, i crediti che non possono essere soddisfatti – se il piano viene approvato – diventano inesigibili. La ratio della disciplina novellata – come si legge nella relazione illustrativa – consiste nel favorire il debitore, per consentirgli «nuove opportunità nel mondo del lavoro, liberandolo da un peso che rischia di divenire insostenibile e di precludergli ogni prospettiva futura».

Ma, causa la crisi che stiamo vivendo nell’ultimo periodo, si è reso necessario addivenire ad una riforma che adeguasse allo stato attuale la norma e sono anche numerose e non di poco conto le novità introdotte dalla Legge n. 176 del 18 dicembre 2020 nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento previste dal corpus normativo della Legge n. 3 del 27 gennaio 2012.


Il Legislatore ha voluto inserire prescrizioni “incentivanti” l’adozione delle suddette procedure anticipando le norme di cui al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Di seguito, paragrafo per paragrafo, riportiamo un elenco delle novità, fermo restando che potete scaricare la norma cliccando sul link di riferimento o sui link a fondo pagina.

IL CONSUMATORE

Tra le principali novità vi è quella sulla nozione di “consumatore”, che diviene adesso “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socio di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del Codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali”.

Nella categoria dei legittimati attivi all’accesso alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento vengono ricomprese le persone fisiche che siano soci di società di persone.

Si tratta di una puntualizzazione apprezzabile, posto che al consumatore tout court si affianca il socio illimitatamente esposto, il che consente a tali persone di definire, con il piano di ristrutturazione, all’indebitamento derivante da passività estranee a quelle “d’impresa” (anche qualora la società non sia assoggettata, dal canto suo, ad alcuna procedura concorsuale).

LA FALCIDIABILITÀ DEL DEBITO IVA

Una delle più importanti novità è la soppressione del terzo periodo dell’art. 7 della l. n. 3 del 2012, che ammetteva per l’IVA la sola dilazione di pagamento, escludendo la decurtazione.

Come noto, sulla questione della non falcidiabilità dell’IVA era già intervenuta la Corte costituzionale, la quale, con sentenza n. 245 del 22 ottobre 2019, aveva dichiarato l’incostituzionalità della norma per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.

Allo stesso modo, la giurisprudenza comunitaria ha aperto all’opportunità di prevederne la falcidia, ogni qualvolta la riscossione si inscriva nel quadro di una procedura alla cui base vi è l’insolvenza.

In conclusione, con la soppressione del terzo periodo del comma 3 dell’art. 7 della L. 3/2012 pure i soggetti non fallibili possono prevedere un pagamento parziale dell’IVA (nonché dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea e delle ritenute operate e non versate) alla medesima stregua degli imprenditori assoggettabili al fallimento.

I SOCI ILLIMITATAMENTE RESPONSABILI

Sempre all’art. 7 viene aggiunto il seguente comma: “2-ter. L’accordo di composizione della crisi della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili”.

Anche all’art. 14-ter, in tema di liquidazione del patrimonio, dopo il comma 7 è aggiunto un comma che riproduce la medesima regola: “7-bis. Il decreto di apertura della liquidazione della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili”.

In sintesi, viene introdotta nella Legge 3/2012 una norma sulla diffusione degli effetti del sovraindebitamento dell’ente al socio illimitatamente responsabile.

IL SOVRAINDEBITAMENTO “FAMILIARE”

La norma, inoltre, aggiunge nella Legge 3/2012 un nuovo art. 7-bis che prevede e disciplina espressamente il sovraindebitamento dei nuclei familiari.

In ragione della nuova norma “I membri della stessa famiglia possono presentare un’unica procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un’origine comune”.

Inoltre, la norma descrive una nozione ampia della “famiglia”, che comprende oltre al coniuge i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo nonché le parti dell’unione civile e i conviventi di fatto di cui alla l. 20 maggio 2016, n. 76.

Con tale norma si vuole conseguire lo scopo, fortemente avvertito, della risoluzione complessiva dell’indebitamento della famiglia, nel cui ambito, invero, le esposizioni passive dei singoli finiscono per sovrapporsi e influenzarsi, tanto da condizionarsi in modo reciproco.

Viene resa possibile la proposizione di un'unica domanda da parte dei prossimi congiunti, domanda che attiene alla ristrutturazione (o al “saldo e stralcio”) dei debiti avvinti da una radice comune o parzialmente tale.

Si precisa, tuttavia, il concetto basilare della distinzione tra masse attive e passive. Il plesso dei debiti e quello dei crediti rimangono frazionati, non potendo i debitori essere riversati in contrasto con l’art. 2740 c.c. in un unico calderone indistinto; è il progetto di contrasto dell’inadempimento a diventare, tuttavia, unico.

LA CESSIONE DEL QUINTO

Un importante incentivo alle procedure della l. n. 3 del 2012 si rinviene nell’art. 8, nel quale viene inserito il nuovo comma 1-bis: la proposta di piano del consumatore può prevedere ora anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno.

Viene così trasfuso nella disciplina attuale del sovraindebitamento uno specifico principio che consente di prevedere, con il piano, anche la falcidia o la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione nonché di quelli derivanti da operazioni di prestito su pegno.

La nuova norma sancisce perspicuamente che la cessione “preventiva” non è opponibile alla procedura da sovraindebitamento.

LA SORTE DEL MUTUO IPOTECARIO, LA SALVEZZA DELLA “PRIMA CASA”

Un altrettanto importante impatto avrà la novità introdotta nella Legge 3/2012 al comma 1-ter dell’art. 8, secondo cui la proposta di piano del consumatore e la proposta di accordo formulata dal consumatore possono prevedere anche il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull’abitazione principale del debitore se lo stesso, alla data del deposito della proposta, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza  al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data.

Con tale norma si vuol consentire il rimborso, alle date pattuite, delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull’abitazione principale del debitore se, alla data del deposito della domanda, questi ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito scaduto.

La modifica è volta a favorire l’accesso del consumatore alla procedura di sovraindebitamento e chiarisce, considerata l’esistenza in materia di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, come il debito per il rimborso del mutuo ipotecario contratto per l’acquisto della c.d. “prima casa”, sia sottratto alle regole del concorso.

Quello correlato al mutuo sembra assurgere esplicitamente ad unico bene suscettibile di smarcarsi dalla universalità tendenziale delle procedure di ristrutturazione.

Una somma di finalità identica e un medesimo archetipo operativo si rinvengono nel comma 1-quater, declinato a supporto della continuità d’impresa.

Quando l’accordo è proposto da un soggetto che non è consumatore e contempla la continuazione aziendale, è possibile prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all’esercizio dell’impresa se il debitore, alla data della presentazione della proposta di accordo, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. L’OCC attesta che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori.

IL DEBITO TRIBUTARIO

All’art. 8, inoltre, è stato introdotto il comma 1-quinquies il quale prevede che “l’organismo di composizione della crisi (cd. OCC), entro sette giorni dall’avvenuto conferimento dell’incarico da parte del debitore, ne dà notizia all’agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche degli enti locali, competenti sulla base dell’ultimo domicilio fiscale dell’istante, i quali entro trenta giorni debbono comunicare il debito tributario accertato e gli eventuali accertamenti pendenti”.

Ciò consente agli uffici dell’Amministrazione finanziaria di comunicare il debito tributario all’OCC, in modo che ne possa tener conto nella redazione della relazione e nella predisposizione della proposta.

IL DEBITORE INCAPIENTE

Infine, di rilevante importanza è l’introduzione dell’art. 14-quaterdecis che prevede la possibilità per il debitore incapiente di ottenere l’esdebitazione.

Il comma 1 del suddetto articolo prevede che “Il debitore persona fisica meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, può accedere all’esdebitazione solo per una volta, fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto del giudice nel caso in cui sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al 10 per cento. Non sono considerati utilità, ai sensi del periodo precedente, i finanziamenti, in qualsiasi forma erogati”.

Inoltre, “La domanda di esdebitazione è presentata per il tramite dell’OCC al giudice competente, unitamente alla seguente documentazione: l’elenco di tutti i creditori, con l’indicazione delle somme dovute; l’elenco degli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni; la copia delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni; l’indicazione degli stipendi, delle pensioni, dei salari e di tutte le altre entrate del debitore e del suo nucleo familiare” (comma 3).

Ovviamente nell’ipotesi del “debitore incapiente” assume rilievo il profilo della meritevolezza.

A tale proposito l’OCC, nel trasmettere al giudice la domanda e la documentazione richiesta per legge, espone nella necessaria relazione particolareggiata gli elementi idonei a valutarla, sotto il profilo delle cause dell’indebitamento, della diligenza impiegata nell’assumere obbligazioni e delle ragioni che hanno comportato l’incapacità ad adempierle (comma 4).

Con il comma 5, invece, viene dato rilievo al merito creditizio prevedendo che “L’organismo di composizione della crisi, nella sua relazione, deve indicare anche se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato  in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita; a tal fine si ritiene idonea una quantificazione non inferiore a quella indicata al comma 2”.

In questo caso i compensi dell’OCC sono ridotti della metà.

Sul piano procedimentale, il giudice, assunte le informazioni ritenute utili, valutata la meritevolezza del debitore e verificata, a tal fine, l’assenza di atti in frode e la mancanza di dolo o colpa grave nella formazione dell’indebitamento, concede con decreto l’esdebitazione, indicando le modalità e il termine entro il quale il debitore deve presentare, a pena di revoca del beneficio, ove positiva, la dichiarazione annuale relativa alle sopravvenienze rilevanti ai sensi dei commi 1 e 2 (comma 7).

È previsto un apposito procedimento di opposizione da parte dei creditori, cui il decreto è comunicato al pari del debitore. Entro trenta giorni i titolari delle pretese possono contestare la concessione del beneficio. Spirato detto termine, il cui dies a quo coincide con l’ultima delle comunicazioni, il giudice, instaurato nelle forme ritenute più opportune il contraddittorio tra i creditori opponenti ed il debitore, conferma o revoca il decreto. La decisione è reclamabile ai sensi dell’articolo 50, norma che disciplina il reclamo avverso il provvedimento che rigetta la domanda di apertura della liquidazione giudiziale (comma 8).

Al netto dei profili di dettaglio, la norma precorre la previsione di cui all’art. 283 Codice della crisi, consentendo al debitore meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, comunque di fruire una tantum del bonus esdebitazione, fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto del giudice, laddove sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al dieci per cento. La norma precisa che non sono considerate utilità, ai sensi del periodo precedente, i finanziamenti, in qualsiasi forma erogati.

Passiamo adesso a valutare l’ammissibilità, in buona sostanza chi può accedere alla procedura di esdebitamento e quali sono i requisiti che deve possedere.

I PRESUPPOSTI SOGGETTIVI DI AMMISSIBILITÀ

Con l’implementazione del comma 2 dell’art. 7 si irrigidisce l’ammissibilità alle procedure ex legge n. 3/2012. Dal novero dei legittimati attivi sono estromessi coloro che abbiano già beneficiato dell’esdebitazione per due volte, sicché non è mai concessa una “terza” chance (nuova lett. d-bis); coloro che, nella cornice del piano del consumatore, abbiano determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode (lett. d-ter); infine, coloro che, limitatamente all’accordo di composizione della crisi, risultino aver commesso atti diretti a frodare le ragioni dei creditori (d-quater).

Il creditore che ha violato il “merito creditizio”

All’art. 12 è stato inserito il comma 3-ter il quale dispone che il creditore che abbia colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento ovvero, nel caso di accordo proposto dal consumatore, che abbia violato i princìpi di cui all’articolo 124-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore.

Al suddetto articolo è stato altresì aggiunto il comma 3-quater secondo cui il tribunale omologa l’accordo di composizione della crisi anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all’articolo 11, comma 2, e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione dell’organismo di composizione della crisi, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.

Ma vi è di più, nel procedimento di omologazione del piano del consumatore viene introdotta una modifica che mira a rendere più agile e fluido il procedimento.
All’articolo 12-bis, il comma 3 è stato sostituito con la seguente previsione: “3. Verificate l’ammissibilità e la fattibilità del piano nonché l’idoneità dello stesso ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili e risolta ogni altra contestazione anche in ordine all’effettivo ammontare dei crediti, il giudice omologa il piano, disponendo per   il relativo provvedimento una forma idonea di pubblicità. Quando il piano prevede la cessione o l’affidamento a terzi di beni immobili o di beni mobili registrati, il decreto deve essere trascritto, a cura dell’organismo di composizione della crisi. Con l’ordinanza di rigetto il giudice dichiara l’inefficacia del provvedimento di sospensione di cui al comma 2, ove adottato”.

All’art. 12-bis è stato altresì inserito anche il seguente comma: “3-bis. Il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che ha violato i princìpi di cui all’articolo 124-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore”.

In sintesi e conclusione, viene posta attenta e particolare attenzione alla figura del creditore che abbia colpevolmente determinato o aggravato la situazione di sovraindebitamento della sua controparte, se del caso anche omettendo, quale finanziatore, di verificare adeguatamente il merito creditizio del finanziato, sono indirizzate alcune sanzioni processuali: egli, infatti, non può presentare osservazioni al piano né reclamo avverso l’omologazione né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore.

Avvertenze e disciplina transitoria

Le nuove disposizioni introdotte con la suddetta Legge n. 176/2020 si applicano anche alle procedure pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Nei procedimenti di omologazione degli accordi e dei piani del consumatore pendenti alla data di entrata in vigore della legge 18 dicembre 2020, n. 176 (25 dicembre 2020), il debitore può presentare, fino all’udienza fissata ai sensi dell’articolo 10 della legge 27 gennaio 2012, n. 3, istanza al tribunale per la concessione di un termine non superiore a novanta giorni per il depo-sito di una nuova proposta di accordo o di un nuovo piano del consumatore, redatti in conformità alla nuova disciplina. Il termine decorre dalla data del decreto con cui il tribunale assegna il termine e non è prorogabile. L’istanza è inammissibile se presentata nell’ambito di un procedi-mento di omologazione della proposta di accordo nel corso del quale è già stata tenuta l’udienza, ma non sono state raggiunte le maggioranze stabilite dall’articolo 11, comma 2.

Quando il debitore intende modificare unicamente i termini di adempimento dell’accordo di ristrutturazione o del piano, deposita fino all’udienza fissata per l’omologa una memoria contenente l’indicazione dei nuovi termini, depositando altresì la documentazione che comprova la necessità della modifica dei termini. Il differimento dei termini non può essere superiore di sei mesi rispetto alle scadenze originarie. Il tribunale, riscontrata la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 12 o di cui all’art. 12-bis, procede all’omologa, dando espressamente atto delle nuove scadenze.

Staff di Redazione Palmeristudi

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